Secondo la Corte Costituzionale é stato dichiarato illegittimo il sistema di calcolo dell’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato introdotto dal Jobs Act. Quindi una parte significativa del costrutto tanto voluto dal precedente governo alla gauche, con tanto di applauso di Confindustria & co, non regge nella parte riguardante l’articolo 3, comma 1 (D.lgs n. 23/2015 contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti), che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato.
L’infausto sistema del Jobs Act ha annullato anni di lotte passate per la conquista dei diritti dei lavoratori italiani. La norma renziana, benedetta dai padroni (sic!), prevedeva che l’indennizzo al lavoratore ingiustamente licenziato venisse calcolato sulla base dell’anzianità: due mensilità di indennizzo per ogni anno trascorso al lavoro. Le ultime modifiche introdotte dal governo Conte hanno stabilito invece che questo indennizzo debba essere pari a un minimo di sei mensilità e possa arrivare a un massimo di 36.
In special modo la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte Costituzionale, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione.
Adesso potrebbe essere più difficile per i padroni prevedere il costo di un licenziamento strumentale di un lavoratore “scomodo” basandosi solo sul criterio dell’anzianità di servizio.
Si attende nelle prossime settimane il deposito della sentenza completa.