Non ci si dovrebbe mai stancare di leggere, potendola consultare in uno stato di diritto, la Costituzione della Repubblica Italiana, al cui interno sono diversi gli articoli che riguardano il fenomeno del lavoro; anche se di stampo democratico-liberale, dopo aver riconosciuto il diritto di iniziativa economica, il diritto di proprietà, ne fissa anche però dei limiti con una apertura sul piano sociale, garantendo i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Art. 1 “ L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Abbastanza singolare è la storia attraverso la quale si è arrivati a suddetta definizione; durante
l’Assemblea Costituente, l’ala “moderata” non avrebbe voluto inserire questo articolo, al contrario
l’ala “progressista” avrebbe desiderato un riferimento ad una Repubblica fondata sui lavoratori.
Il compromesso tra le due correnti fu appunto l’articolo 1 come scritto sopra, dove la Costituzione
dona al lavoro un importanza fondamentale nella struttura della Repubblica. Art. 3 “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di
fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
paese”.
Art. 4 “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Le prime organizzazioni sindacali quindi nascono sulla base del comune principio legato alla considerazione che “l’unione fa la forza”, nelle rivendicazioni, nella tutela dei propri interessi e nella difesa dei soggetti deboli. La nascita delle organizzazioni sindacali nei maggiori paesi industrializzati è datata 1800; in Italia
arriva con il Codice Zanardelli del 1889. L’assemblea Costituente approva la Costituzione della Repubblica Italiana il 22 dicembre 1947, in essa è presente e bisogna ricordare, tra i tanti, l’art. 39:
Art. 39 “ L’organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici
Locali o centrali, secondo le norme di legge. E’ condizione per la registrazione che gli
statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente
in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia
obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.
Viene dunque sancita una importante libertà positiva, fondamento di ogni sistema democratico, riguardo all’organizzazione e al pluralismo sindacale, contro ogni forma di sindacato unico o monopolista.
Va sostenuto come elemento positivo di un paese civile quell’opportunità fornita dalla Costituzione della Repubblica Italiana di creare libere associazioni di lavoratori per poter contribuire come collante associativo, conflittuale e di lotta, al miglioramento delle condizioni di lavoro.